«L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento», così stabilisce l’art. 33 della Costituzione italiana che attesta in modo inequivocabile la libertà di ricerca e insegnamento come specificazione della libertà di manifestazione del pensiero. Si tratta di diritti di prima generazione, affermati già in epoca liberale come paletti a protezione della sfera individuale, contro l’ingerenza del potere pubblico. In questa ottica si colloca il disposto dell’art. 33 Cost. che precisa che in un ordinamento democratico e pluralista non esistono arte né scienza ufficiale o di Stato (così Corte Costituzionale, sentenza n. 77, 1964). L’espressione «scienza» è da interpretare in senso ampio, comprendendo tutte le attività di indagine e trasmissione della conoscenza. La libertà di insegnamento, come tutte le prerogative costituzionali incontra il limite del rispetto dei diritti altrui e delle norme dell’ordinamento. Non è ammissibile una ingerenza esterna nel merito nel caso specifico di un corso universitario, tenuto da un docente in possesso dei requisiti scientifici e accademici, fondato su fonti riconosciute dalla comunità scientifica e rivolto a persone adulte che, esercitando il proprio diritto allo studio e la libertà di scelta, optano per approfondire tematiche parte di una offerta formativa ampia e costruita in funzione del pluralismo democratico. L’impianto costituzionale dell’Italia repubblicana è costruito attorno alla persona e alla libertà individuale di esprimersi e realizzarsi nelle sue specificità, senza incontrare limiti che non siano il rispetto del diritto altrui e i principi dell’ordinamento. Le libertà di espressione e insegnamento sono coerenti e funzionali la forma di Stato costituzionale di matrice liberale e possono esistere ed essere godute a pieno solo in un contesto in cui il potere pubblico riconosca a sé stesso un ruolo astensionista. Carla Bassu, 28 novembre 2024