APPUNTI COSTITUZIONALI

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Proposte di premierato: perplessità

2024-07-29 18:06

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Riforme costituzionali, forma di governo premierato checks and balances,

Proposte di premierato: perplessità

Premessa; 1. Obiettivi della riforma; 2. Soluzioni individuate nei progetti di legge; 3. Criticità; 4. Osservazioni conclusive


 


Premessa. 


C’è una questione di fondo che mi preme porre a presupposto del ragionamento che oggi vi sottopongo: quando si procede per modificare la Costituzione che – non ci si stanca di ribadire -  è il cuore pulsante di un ordinamento, dal momento che contiene il nucleo di principi, valori, diritti, doveri e regole di vita costituzionale, bisogna essere sicuri che ciò sia più che necessario, indispensabile. Ebbene in Italia, a mio parere, la situazione richiede un intervento di razionalizzazione della forma di governo formulato alla luce della specificità del sistema politico e della cultura istituzionale.


In questa ottica, lo scopo del presente contributo è:


1.  individuare gli obiettivi che si intende conseguire con la riforma;  


2.  identificare le soluzioni individuate dai due disegni di legge in esame per conseguire queste finalità e, infine,


3. segnalare gli aspetti che, a parere di chi scrive, presentano criticità.


 


1.     Obiettivi della riforma.


Cosa si vuole ottenere con la riforma del sistema di governo? Le finalità sono dichiarate nei due progetti di legge, sono sostanzialmente sovrapponibili e corrispondono a quanto emerso nel dibattito sulle riforme negli ultimi quarant’anni:


- stabilità dei governi;


- efficienza dei processi decisionali;


- rafforzamento del processo democratico e ricostruzione del legame di fiducia tra governati e governanti attraverso la restituzione all’elettorato di un potere effettivo di scelta degli organi costituzionali;


a questi obiettivi si dovrebbe forse aggiungere la rivitalizzazione dell’incidenza del Parlamento nell’indirizzo politico.


 


2. Soluzioni individuate nei progetti di legge.


Entrambi i testi su cui oggi ci confrontiamo ruotano attorno all’elezione diretta del Presidente del Consiglio: è questo il centro della riforma, il fattore su cui si punta per ottenere gli obiettivi di stabilità e di ricostruzione del legame con l’elettorato.


Proprio nella elezione diretta del Presidente del Consiglio si individua l’elemento di stabilizzazione del sistema; di valorizzazione del principio democratico e di rivalutazione del potere di scelta del popolo e qui sta, a mio parere, una importante criticità.


3.Criticità.


Quello che non torna nelle due proposte e soprattutto nel progetto governativo (A.C. 1951) è il nesso di causalità dato per presupposto tra elezione diretta, stabilità e democraticità - intesa nel senso di rafforzamento autentico del rapporto tra elettorato e persona eletta. Ma soprattutto l’elezione popolare della premiership viene introdotta come una sorta di soluzione universale senza un opportuno corredo di contrappesi indispensabili a conservare l’equilibrio del sistema.


Nello specifico, mi preoccupa il cosiddetto “effetto trascinamento” delle votazioni per il Presidente del Consiglio rispetto alla composizione del Parlamento. Stride l’attribuzione del premio destinato a consentire la creazione di una solida maggioranza in Parlamento sulla base di voti espressi per eleggere un altro organo costituzionale, per di più un organo monocratico in cui l’elemento personalistico, le caratteristiche individuali della persona che si vota sono determinanti nella stessa espressione del voto.


Trovo anomalo rispetto al sistema di separazione dei poteri e checks and balances che caratterizzano una democrazia, a prescindere dalla forma di governo, l’allineamento così netto tra due organi costituzionali provenienti entrambi da fonte di legittimazione diretta. E’ una interdipendenza forzata che segna un destino di subordinazione per il Parlamento che, al contrario, dovrebbe essere rivitalizzato con dispositivi capaci di restituire centralità ed efficienza a un organo depauperato.


Questo vale a maggior ragione nel momento in cui non è chiara la formula elettorale con cui si voterà; si tratta di una questione macroscopica perché il sistema elettorale può davvero fare la differenza, tenuto conto che in assenza di correttivi adeguati c’è davvero il rischio che una minoranza relativa legittimi premier e compagine parlamentare, che saranno a loro volta chiamati a esprimere tra l’altro Presidente della Repubblica e giudici costituzionali, con un forte potenziale di sbilanciamento del sistema.


A questo proposito, l’art. 5 del ddl Meloni Casellati stabilisce che «La legge disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del Presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche». Anche alla luce della giurisprudenza costituzionale pregressa in materia mi chiedo se un premio possa essere tale da garantire una maggioranza assoluta dei seggi o se sia opportuno calibrare un premio capace al massimo di favorire, o agevolare la formazione di una maggioranza.


Continua a non convincermi, con riferimento al d.d.l. 1921, che il Presidente del Consiglio eletto direttamente debba ottenere la fiducia iniziale del Parlamento e riceva poi il conferimento dell’incarico dal Presidente della Repubblica. Si tratta di una dinamica irrazionale: intanto elezione e fiducia iniziale sono percorsi di legittimazione paralleli, diversi, che non possono essere sommati e poi trovo destabilizzante conservare in capo al Presidente della Repubblica la prerogativa di conferire l’incarico, è un potere privo di contenuto, del tutto simbolico, che svuota di significato il ruolo del Capo dello Stato in questo frangente.


Ancora, trovo irrazionale nel quadro generale di obiettivi del disegno di legge governativo – nonostante i correttivi introdotti – la figura del secondo premier non eletto, che si pone in contraddizione con l’obiettivo dichiarato di valorizzare il potere di scelta all’elettorato perché di fatto consente ai partiti di superare il voto popolare che ha una valenza intuitu personae.


Nello stesso senso trovo anomala e problematica la previsione di cui all’art. 7 del ddl governativo che modifica l’art. 94 della Costituzione prevedendo un regime differenziato in caso di revoca della fiducia mediante mozione motivata – a fronte della quale il Presidente del Consiglio eletto deve rassegnare le dimissioni e il Presidente della Repubblica deve sciogliere le Camere - e negli altri casi di dimissioni. Nei casi di dimissioni che non siano la mozione di sfiducia motivata il/la Presidente del Consiglio eletto/a, entro sette giorni e previa informativa parlamentare, ha facoltà di richiedere lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica che lo dispone. Qualora il Presidente del Consiglio eletto non eserciti tale facoltà, il Capo dello Stato conferisce l’incarico di formare il Governo, per una sola volta nel corso della legislatura, al Presidente del Consiglio dimissionario o a un parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio. Questa ultima dinamica si produce anche nei casi di decadenza, impedimento permanente o morte del Presidente del Consiglio eletto.


Non mi soffermo su aspetti problematici che sono stati già affrontati da interventi che mi hanno preceduta e che condivido nella sostanza:


I.)             la possibilità di creazione di maggioranze eterogenee nelle due Camere


II.)           la questione del voto degli italiani all’estero, che si presta a effetti distorsivi che occorre considerare e correggere


Da ultimo, in sintesi, registro l’assenza di interventi di razionalizzazione del modello di bicameralismo e di correzione di pratiche patologiche come l’abuso di decretazione d’urgenza e maxiemendamenti che hanno contribuito, nel tempo, a ridurre fino a umiliare il ruolo del Parlamento che dovrebbe essere rinvigorito.


4.     Considerazioni conclusive


In estrema sintesi, a mio modo di vedere e alla luce del diritto comparato, il punto debole della proposta così come ora formulata è l’investimento totale sulla elezione diretta come strumento di stabilizzazione del sistema, promozione della governabilità e rafforzamento del principio democratico in assenza di contrappesi adeguati a garantire l’equilibrio tra poteri costituzionali.


Rilevo l’assenza di interventi di razionalizzazione del modello di bicameralismo, anche per garantire capacità rappresentativa dei territori a livello centrale, e di correzione di pratiche patologiche come l’abuso di decretazione d’urgenza e maxiemendamenti che hanno contribuito, nel tempo, a ridurre fino a umiliare il ruolo del Parlamento che dovrebbe essere rinvigorito.


I problemi ormai radicati nella forma di governo italiana possono essere superati con riforme che riescano a razionalizzare i rapporti tra Governo e Parlamento (come peraltro già auspicato in sede costituente – v. ordine del giorno Perassi), favorendo l’azione dell’organo esecutivo e salvaguardando il ruolo cruciale del Parlamento, senza dunque compromettere l’equilibrio dei poteri che resta priorità e requisito imprescindibile in una democrazia.


Tutto questo deve essere fatto tenendo conto del particolare tessuto istituzionale, politico e culturale italiano, che bisogna leggere e interpretare per elaborare norme adeguate al contesto, così da ridurre al minimo il rischio di distorsioni e sorprese spiacevoli in fase di applicazione.


Carla Bassu, 29 luglio 2024[1]


 



[1] Il testo riproduce il contenuto dell’audizione tenuta di fronte alla  I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati il 18 luglio 2024, nell’ambito dell’esame in sede referente dei progetti di legge costituzionali C. 1354 Boschi e C. 1921 Governo, approvato, in prima deliberazione del Senato, in materia di modifiche alla Parte II della Costituzione


 





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